The shift

L'estremismo islamico che ha insanguinato l'Europa affrontato tramite un thriller teso, ennesima conferma dell'ottimo stato di salute del nostro cinema di genere

di EMILIANO BAGLIO 03/06/2021 ARTE E SPETTACOLO
img

È un giorno come tanti a Bruxelles, i ragazzi scendono dall’autobus, chiacchierando tra loro ed entrano a scuola.

Ad attenderli però ci sono Abdel ed Eden (Adam Amara), due loro compagni che cominciano a sparare sulla folla e poi si fanno esplodere.

Arrivano i soccorsi. Tra di essi l’ambulanza di Adamo (Adamo Dionisi) ed Isabelle (Clotilde Hesme) che carica uno dei feriti; i due non lo sanno ma quel giovane è proprio Eden.

The shift si apre con un memorabile piano sequenza che trasforma una mattina come tante in un teatro dell’orrore, con i corpi che cadono colpiti dalle pallottole, la deflagrazione della bomba e l’arrivo concitato dei soccorritori.

Da lì in poi il ritmo, salvo qualche caduta di poco conto, non si fermerà più.

Alessandro Tonda, al suo esordio, ci regala un thriller adrenalinico, capace di muoversi su più piani, teso e concitato e, per di più, ambientato per lo più all’interno di un unico angusto ambiente, l’autoambulanza dove si ritrovano i tre protagonisti.

The shift è l’ennesima conferma che il cinema italiano sta voltando pagina, tornando al cinema di genere ed addirittura, come in questo caso, alla coproduzione (nel caso specifico tra Italia e Belgio).

Viene quasi da commuoversi a pensarci anche perché, nel frattempo, il film ha fatto il giro di svariati Festival anche internazionali.

Ora, finalmente, approda anche nelle nostre sale; peccato solo che i nostri esercenti, che evidentemente non hanno avuto sufficiente fiducia nel progetto, lo abbiano confinato nei multisala dove corre il serio rischio di passare inosservato e scomparire troppo presto dalla circolazione.
Sarebbe un vero peccato perché c’è un disperato bisogno di prodotti come questo per ricominciare a pensare ad un sistema cinematografico capace di stare sul mercato internazionale con opere valide dal respiro internazionale.

Tonda, dal canto suo, riesce a costruire un congegno pressoché perfetto in cui il thriller va a braccetto con i terribili recenti fatti di cronaca.

Non è un caso che il film, seppur girato a Liegi, sia ambientato a Bruxelles e che Eden provenga da Molenbeek oramai tristemente noto come punto di snodo del terrorismo jihadista europeo.

Tra quelle case vive la famiglia di Eden, quei due genitori che non si sono resi conto che il malessere del figlio si stava trasformando in qualcos’altro; forse la parte più debole di un film che si muove su più piani.

Mentre l’ambulanza continua la sua corsa, sotto la minaccia di Eden, la polizia cerca disperatamente di capire dove sia finito l’altro attentatore

L’indagine poliziesca è rappresentata con estremo realismo, senza eroi o azioni spettacolari, attraverso i monitor che osservano la città, il rimbalzare dei messaggi sui social, le telecamere delle squadre d’assalto ed un commissario sopraffatto dagli eventi e dal volto umano.

La stessa attenzione ai personaggi la ritroviamo nel microcosmo dell’ambulanza.

Adamo, infatti, come Eden è un immigrato, proveniente dall’Italia. Il suo è lo sguardo di chi, in qualche modo, è riuscito ad integrarsi in un’ovvia ma comunque efficace contrapposizione con quel giovane pronto a farsi esplodere.

Lo stesso dicasi di Isabelle, che come il suo collega è a fine turno e porta su di sé le tracce della stanchezza di una dura giornata di lavoro.

In più la donna, recentemente divorziata, sconta un difficile rapporto con il figlio che ha la stessa età di Eden.

In questo personaggio sta una delle migliori intuizioni del film.

Attraverso Isabelle il regista ci restituisce lo sguardo materno, parallelo a quello della vera madre del giovane, di chi si trova costretta a confrontarsi con quel ragazzo che gli è, al tempo stesso, così familiare e così estraneo e nel quale non può non vedere gli stessi occhi di suo figlio.

Sarà proprio l’essere madre di Isabelle a portare il film verso un finale per nulla scontato in cui, al centro, ci sono quegli eroi di tutti i giorni che, pur essendo in prima linea, combattono questa “guerra” forse oggi troppo dimenticata, senza ricorrere all’uso delle armi ma contrapponendo l’umanità alla follia.

EMILIANO BAGLIO


Tags:




Ti potrebbero interessare

Speciali